denti, che turbano il bel sereno. Ma è una nuvola improvvisa, la quale presto si scioglie e rende più cara la vista del sole, o come dice la Fiammetta, è una fiera materia, data a temperare alquanto la letizia. Volendo guardare più profondamente in questo fenomeno, osserviamo che la gioia ha poche corde, e sarebbe cosa monotona, noiosa e perciò poco gioiosa, come avviene spesso ne’ poemi idillici, se il dolore non vi si gittasse entro con le sue corde più varie e più ricche d’armonia, traendosi appresso un corteggio di vivaci passioni, l’amore, la gelosia, l’odio, lo sdegno, l’indignazione. Il dolore ci sta qui non per sè, ma come istrumento della gioia, stuzzicando l’anima, tenendola in sospensione e in agitazione, insino a che per benignità della fortuna o del caso comparisce d’improvviso il sereno. E quando pure il fatto sorta trista fine, com’è in tutt’i racconti della giornata quarta, l’emozione è superficiale ed esterna, esaltata e raddolcita in descrizioni, discorsi e riflessioni, e non condotta mai sino allo strazio, com’è nel fiero dolore di Dante. Sono fugaci apparizioni tragiche in questo mondo della natura e dell’amore, provocate appunto dalla collisione della natura e dell’amore non con un principio elevato di moralità, ma con la virtù cavalleresca, il punto d’onore. Di che bellissimo esempio, oltre il Gerbino, è il Tancredi, che testimone della sua onta uccide l’amante della figliuola, e mandale il cuore in una coppa d’oro: la quale, messa sopra esso acqua avvelenata, quella si bee e così muore. Il motivo della tragedia è il punto d’onore, perchè ciò che move Tancredi è l’onta ricevuta, non solo per l’amore della figliuola, ma ancora più per l’amore collocato in uomo di umile nazione. Ma la figliuola dimostra vittoriosamente al padre la legittimità del suo amore e della sua scelta, invocando le leggi della natura e il concetto della vera nobiltà posta non nel sangue, ma nella virtù; e l’ultima impressione è la