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caccio pensa come Dante. Ma nel fatto lo spirito abbandona il cielo e si raccoglie in terra; perde la sua idealità e la sua inquietudine, e diviene tranquillo, calato tutto e soddisfatto nella materia della sua contemplazione. A un mondo lirico di aspirazioni indefinite espresso nella visione e nell’estasi succede un mondo epico, che ha nei fatti umani e naturali il suo principio e il suo termine. Il poeta in luogo d’idealizzare realizza, cioè a dire fugge le forme sintetiche e comprensive che gittano lo spirito in un di là da esse, e cerca una forma nella quale la immaginazione si trovi tutta e si riposi. Non ci è più il forse e il parere, non una forma appena abbozzata quasi velo di qualcos’altro, ma una forma terminata e chiusa in sè e corpulenta, nella quale l’oggetto è minutamente analizzato nelle singole parti: alla terzina succede l’analitica ottava. Rimangono ancora le terzine, e le visioni e le allegorie, i sonetti e le canzoni, ma come forme prettamente convenzionali e d’imitazione, sciolte dallo spirito che le ha generate: il passato per lungo tempo si continua come morta forma in un mondo mutato. Succedono forme giovani e nuove, più conformi a un contenuto epico. Sul mondo inquieto delle allegorie e delle visioni si alza il sereno e tranquillo mondo pagano, con le sue deità umanizzate, con la sua natura animata, col suo vivo sentimento della bellezza, con la sua disinteressata contemplazione artistica. Queste tendenze non trovano soddisfazione in un contenuto eroico e cavalleresco, perchè la serietà di una vita eroica e cavalleresca è ita via insieme col medio evo, e non è più nella coscienza, e non può essere altro che imitazione letteraria e artificio rettorico. Più conveniente a quelle forme è la vita idillica, ne’ cui tranquilli ozii, nella cui semplicità e chiarezza l’anima agitata dalle lotte politiche e turbata dalle ombre di un mondo trascendente si raccoglie come in un porto e si riposa. L’idillio è la