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samente, pure è là il suo genio e la sua gloria, e non dove sfoggia in forme rettoriche sentimento ed erudizione. Fu chiamato anche uomo di vetro, per una cotal sua mobilità d’impressioni e di risoluzioni, di cui sono esempio le Rime, dove invano cerchi l’unità organica del Canzoniere, e un disegno qualunque, avvolto il poeta dalle onde delle impressioni e della vita reale e de’ suoi studi e reminiscenze classiche. Pure tra molte volgarità trovi un elevato sentimento dell’arte, o, com’egli dice, l’amor delle Muse, che lo trae d’inferno, come chiama la terra deserta dalle Muse. Vidi, egli canta:
. . . . . . . . una ninfa uscire
D’un lieto bosco, e verso me venire
Co’ crin ristretti da verde corona.
A me venuta disse: Io son colei,
Che fo di chi mi segue il nome eterno,
E qui venuta sono ad amar presta:
Lieva su, vieni; ed io già di costei
Acceso, mi levai; ond’io d’inferno
Uscendo, entrai nell’amorosa festa.
Da questo elevato sentimento dell’arte è uscito il sonetto sopra Dante, scritto con una gravità e vigore di stile così insueto, che farebbe quasi dubitare sia cosa sua:
Dante Alighieri son, Minerva oscura
D’intelligenza e d’arte, nel cui ingegno
L’eleganza materna aggiunse al segno,
Che si tien gran miracol di natura.
L’alta mia fantasia pronta e sicura
Passò il tartareo e poi il celeste regno,
E il nobil mio volume feci degno
Di temporale e spirital lettura.
Fiorenza glorïosa ebbi per madre,
Anzi matrigna a me pietoso figlio,
Colpa di lingue scellerate e ladre.