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more, divenne un fatto filosofico, forza unitiva, unità dell’intelletto e dell’atto. Così nacque la lirica platonica dal Guinicelli al Petrarca. Il senso e l’immaginazione si ribellavano contro questo platonismo. Ed è in questa ribellione, ancorachè poco scrutata e poco accentuata, che è la grandezza della lirica petrarchesca. Rappresentare i moti del cuore e della immaginazione nella loro naturalezza e intimità era vietato. E colui che più gustò di questo frutto proibito, fu il Petrarca.
L’immaginazione era un istrumento dell’intelletto, destinata a creare forme e simboli di concetti astratti. Lo sa il povero Dante. Nessuno ebbe mai l’immaginazione così torturata. E nacquero forme simboliche e intellettuali, nella cui generalità scomparve l’individuo con la sua personalità. Erano forme tipiche, generi e specie, anzichè l’individuo. La regina delle forme, la donna, non potè sottrarsi a questa invasione degli universali, e rimase un ideale più divino che umano, bella faccia, ma faccia della sapienza, più amata che amante, e amata meno come donna, che come scala alle cose celesti. Così nacquero Beatrice e Laura.
Certo, a nessuno è lecito parlare con poca riverenza di questo mondo dell’autorità che segna un momento interessantissimo nella storia dello spirito umano, e che ha pure il suo fondamento nella vita. L’illuminismo o il misticismo, la visione estatica, è un portato naturale dello spirito nella sua alienazione dal corpo, ciò che dicevasi vivere in astrazione: momento di concitazione e di entusiasmo, che l’uomo pare più che uomo, e sembra in lui parli un Dio o un demonio. Perciò quell’entusiasmo fu detto furore divino o estro, qualità de’ profeti e dei poeti, che sono tutt’uno per Dante. Questa elevazione dell’anima in sè stessa, e al di sopra de’ limiti ordinarii della vita reale, è il lato eroico dell’umanità, il privilegio della giovinezza, la condizione di tutte le società