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moderno della poesia petrarchesca. L’immagine nasce trista, perchè nasce con la coscienza di essere immagine, e non cosa, e lo strazio di questa coscienza è raddolcito, perchè non ci essendo la cosa, ci à l’immagine, e così bella, così attraente. Situazione piena di misteri, di contraddizioni e di chiaroscuri, che genera quel non so che dolce amaro, detto malinconia, un sentirsi consumare e struggere dolcemente:

Che dolcemente mi consuma e strugge.

La malinconia è la Musa cristiana, è il male di Dante e de’ più eletti spiriti di quel tempo. Ma la malinconia del Petrarca e della nuova generazione che gli stava attorno e già di un’altra natura e accenna a tempi nuovi.

La malinconia di Dante ha radice nello spirito stesso del medio evo, che poneva il fine della vita in un di là della vita, nella congiunzione dell’umano e del divino, che è la base della divina Commedia. Le anime del purgatorio sono malinconiche, perchè sospirano appresso ad un Bene, di cui hanno innanzi la sola immagine nelle pitture, ne’ simboli, nelle visioni estatiche. Quei godimenti dell’immaginativa aguzzano più il desiderio. Non basta loro l’immagine; vogliono la realtà; e questo volere raddolcito alla presenza del simulacro genera la loro malinconia. Sono prive del paradiso, ma lo veggono in immaginazione, e sperano di salirvi quando che sia: perciò sono contente nel fuoco. La condizione delle anime purganti è molto simile a quella degli uomini nella vita terrena: è lo stesso tarlo che li rode. La vita corporale è un velo, un simulacro di quel di là che la fede e la scienza offriva chiarissimo all’intelletto e all’immaginazione; perciò la vita corporale era in sè stessa il peccato o la carne, l’inferno, il vasello o la prigione, dove l’anima vive malinconica: il giorno della morte è per