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simbolica e scolastica, rimane pur sempre il suo credo cristiano e filosofico. L’opposizione era sciolta teoricamente con l’amicizia platonica o spirituale, legame d’animo, puro di ogni concupiscenza; dalla quale astrazione non potea uscire che una lirica dottrinale e sbiadita, senza sangue, dove non trovi nè l’amante, nè l’amata, nè l’amore. Vi sono momenti nella vita del Petrarca abbastanza tranquilli e prosaici, perchè egli si possa dare a questo spasso. Allora riproduce la scuola de’ Trovatori con tutt’i suoi difetti; in una forma eletta e vezzosa, che li pallia. E vi trovi il convenzionale, il manierato, le regole e le sottigliezze del Codice d’amore, soprattutto concettoso, dotato com’era di uno spirito acuto. Non coglie sè stesso nel momento della impressione; la impressione è passata, e se la mette dinanzi e la spiega, come critico o filosofo: hai un di là dell’impressione, la impressione generalizzata e spiegata, come è nella più parte de’ suoi sonetti in vita di Laura; antitesi, freddure, sottigliezze, ragionamenti in forma pretensiosa e civettuola. Allora tutto è chiaro; tutto è spiegato con Platone e col codice d’amore; hai il solito contenuto lirico allora in voga sulla donna, sull’amore, pomposamente abbigliato. Trovi un maraviglioso artefice di verso, un ingegno colto, ornato, acuto, elegante; non trovi ancora il poeta e non l’artista. Ma nel momento delle impressioni, tra le sue irrequietezze e agitazioni, circuito di fantasmi, par fuori la sua personalità; trovi il poeta e l’artista. Quello che sente è in opposizione con quello che crede. Crede che la carne è peccato; che il suo amore è spirituale; che Laura gli mostra la via che al ciel conduce; che il corpo è un velo dello spirito. E se in questo credo trovasse ogni suo appagamento, avremmo Dante e Beatrice. Ma non vi si appaga; l’educazione classica e l’istinto dell’artista si ribella contro queste astrazioni di uno spiritualismo esagerato; si rivela in lui uno