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Il mondo è una selva oscura, corrotto dal vizio e dall’ignoranza. Rimedio è la scienza, secondo i cui principii dovrebb’esser conformato. La scienza è il mondo ideale, non qual è, ma quale dee essere. Questo ideale si trova realizzato nell’altra vita, nel regno di Dio conforme alla verità e alla giustizia. Perciò ad uscir dalla selva non ci è che una via, la contemplazione e la visione dell’altra vita. Per questa via l’anima, superate le battaglie del senso, e purificatasi, ha la sua pace, la sua eterna Commedia, la beatitudine.
Da questo concetto semplice e popolare uscì la contemplazione o visione, detta la Commedia, rappresentazione allegorica del regno di Dio, il Mistero dell’anima o la Commedia dell’anima.
VII.
Chi mi ha seguito, vede che la divina Commedia non è un concetto nuovo, nè originale, nè straordinario, sorto nel cervello di Dante e lanciato in mezzo a un mondo maravigliato. Anzi il suo pregio è di essere il concetto di tutti, il pensiero che giaceva in fondo a tutte le forme letterarie, rappresentazioni, leggende, visioni, Trattati, Tesori, Giardini, sonetti e canzoni. L’allegoria dell’anima e la Commedia dell’anima sono gli schizzi, le categorie, i lineamenti generali di questo concetto.
Nel Convito la sostanza è l’Etica, che Dante cerca di rendere accessibile agl’illetterati, esponendola in prosa volgare. Qui il problema è rovesciato. La sostanza sono le tradizioni e le forme popolari rannodate intorno al Mistero dell’anima, il concetto di tutt’i misteri e di tutte le leggende, ed è in questo quadro che Dante gitta tutta la coltura di quel tempo. Con questa felice ispirazione, pigliando