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lari è quella di santo Alessio, che abbandona la nobile casa paterna e la sposa il dì delle nozze, e va peregrinando e limosinando, e dopo molti anni tornato in patria, serve non conosciuto in casa del padre, e non si scopre alla madre e alla sposa, e i servi gli dànno le guanciate, e lui umile e paziente. Questa vittoria sulla natura non fa effetto, perchè in Alessio non ci è l’homo sum, non ci è lotta, non la coscienza del sacrifizio, parendo a lui naturale e facile esercizio di virtù quello che a noi uomini pare cosa maravigliosa e quasi incredibile. L’innaturale è in lui natura: perfezione ascetica, ma non artistica. L’interesse comincia, quando la natura fa sentire il suo grido, e col suo contrasto sublima il santo; quando, saputo il fatto, il Pontefice con infinita moltitudine traendo a venerare il servo spregiato, si odono tra la folla queste grida: prestatemi la via, datemi loco, fate che io vegga il figliuol mio, quello che ha succiato le mammelle mie. E ragionando col cuore di madre, la donna accusa il figlio e lo chiama senza cuore, e poi nel suo dolore lo glorifica e ricorda che i servi gli davano le guanciate. Scene simili non sono scarse in queste vite: ricorderò la madre di Eugenia e Maria Maddalena, eloquentissima nelle sue lagrime.

Una vera intenzione artistica si scorge nello Specchio di penitenza di Iacopo Passavanti, una raccolta di prediche ridotte in forma di trattati morali, accompagnati con leggende e visioni dell’altro mondo. Il frate mira a fare effetto, inducendo a penitenza i fedeli con la viva rappresentazione de’ vizii e delle pene. La musa del Cavalca è l’amore, e la sua materia è il paradiso, che tu pregusti in quello spirito di carità e di mansuetudine, che comunica alla prosa tanta soavità e morbidezza di colorito. La musa del Passavanti è il terrore e la sua materia è il vizio e l’inferno, rappresentato meno nel suo grottesco e nella sua mitologia, che nel suo carattere