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Parte III. Libro II. 145

di cui vorreste essere istruito, penso di potervi io stesso esser più utile di ogni altro. Scipione allora prendendomi le mani, e stringendole tralle sue, e quando, disse, quando vedrò io quel dì felice, in cui libero da ogni altro impegno, e standomi sempre al fianco, voi potrete applicarvi interamente a formarmi lo spirito e il cuore? Allora mi crederò degno de’ miei maggiori. D’allora in poi non più seppe staccarsi da me: il suo più grande piacere era lo starsi meco; e i diversi affari, ne’ quali ci trovammo insieme, non fecero che stringere maggiormente i nodi della nostra amicizia. Egli mi rispettava come suo proprio padre; ed io lo amava non altrimenti che figlio. Fin qui Polibio, il quale continua poscia a descrivere le singolari virtù, di cui questo gran Generale si mostrò adorno.

V. Né questo elogio, che Polibio rende a Scipione, non deesi credere o esagerato o sospetto; perciocché tutti gli antichi scrittori concordemente ce lo rappresentano come uomo e di ogni più bella virtù e di ogni più bella letteratura adorno. E per parlare di questa sola, che sola al nostro argomento appartiene, Cicerone ci assicura, ch’egli continuamente avea tralle mani l’opere di Senofonte14; ch’avea sempre al fianco i più eruditi tra’ Greci, che allora fossero in Roma15, e che a un’egregia natura un diligente coltivamento dello spirito congiunto avendo, un uom singolare divenne e veramente divino16. Ma niuno forse vi ha tra gli antichi scrittori, che sì altamente lodato abbia il giovane Africano, come Vellejo Patercolo. Egli, dice17 , fu sì valente coltivatore e ammiratore de’ liberali studj e di ogni genere di dottrina, che sempre aver volle a suoi compagni e in guerra e in pace que’ due uomini di eccellente ingegno, Polibio e Panezio. Niuno mai vi ebbe, che meglio di Scipione occupasse il riposo, che talvolta da’ pubblici affari gli si concedea; sempre intento a coltivar le arti civili e le guerriere, sempre in mezzo o alle armi, o alle scienze, e esercitato tenne mai sempre o il corpo colle militari fatiche, o l’animo co’ più nobili studj. Somigliante lode deesi parimenti a Cajo Lelio fedele amico e indivisibil compagno del giovane Africano. Egli di uguale amicizia onorò Polibio e gli altri eruditi Greci, che allora erano



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