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al diametro solare è adunque come quello di 8 a 14, o, all’incirca, come quello di 1 a 2, e la sfera del Sole risulta otto volte maggiore della sfera terrestre1.

La circonferenza meridiana si divide in 60 parti uguali, ciascuna di stadi 4200 (cioè di 6 gradi): otto delle 30 parti comprese tra il polo nord e il polo sud toccano alla zona torrida (33.600 stadi: lunghezza di 48 gradi); cinque a ciascuna delle due zone temperate (30 gradi o 21.000 stadi); sei a ciascuna delle due zone fredde (36 gradi o 25.200 stadi)2.

Delle cinque zone, due sole sono abitate, cioè le temperate (Lib. II, 5): ma dei viventi nella zona temperata meridionale non si può determinare la natura, poichè gli uomini delle regioni settentrionali non potranno mai attraversare la zona torrida per recarsi ai paesi del sud. Questa predizione, dice Giacomo Leopardi3, prova che Macrobio non era miglior profeta che geografo o dialettico.

Dalle cose dette apparisce che Macrobio era favorevole a coloro che ammettevano l’esistenza degli antipodi. Ma egli osserva inoltre, che i medesimi fenomeni, i quali hanno luogo nel nostro emisfero, debbono similmente accadere nell’altro; previene la volgare obbiezione della gravità, che farebbe cader gli antipodi verso il cielo, e ne fa vedere molto bene la insufficienza; finalmente fa riflettere che la opposizione, che v’ha tra noi e


  1. Il rapporto del diametro solare al diametro terrestre essendo , cioè 1,75, quello dei volumi risulterebbe 5,36=(1,75)3.
    Adottando, con Macrobio, il rapporto dei due diametri come quello di 2 a 1, e la distanza della Terra dal Sole in 60 volte il diametro terrestre, la lunghezza del cono d’ombra — dal centro della Terra al vertice del cono — sarebbe uguale precisamente a quella distanza, e ciò concorderebbe con quanto dice lo stesso Macrobio rispetto al raggio della circonferenza descritta dal Sole nel suo movimento.
  2. Lib. II, cap. 6. Il quadrante dall’equatore al polo è adunque diviso dal tropico e dal circolo polare artico in tre parti che stanno fra loro come i numeri 4, 5 e 6.
  3. Leopardi, Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, cap. XII.