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La formazione del piccolo esercito | 51 |
Era quel Bixio che già nel Quarantasette, in una via di Genova, fattosi alle briglie del cavallo di Carlo Alberto, gli aveva gridato: «Dichiarate, o Sire, la guerra all’Austria, e saremo tutti con voi!» Nel Quarantotto era volato in Lombardia con Mameli; con Mameli era stato a Roma dove era parso l’Aiace della difesa, e il 30 aprile vi aveva fatto prigioniero tutto un battaglione di francesi. Poi aveva navigato portando per gli oceani le sue speranze. Ma nel Cinquantanove aveva riprese le armi, non più riluttante a fare la guerra regia, e facendola bene: adesso era capitano del Lombardo, ma in terra avrebbe comandata la prima compagnia.
Il Dezza ingegnere e il Piva, che dovevano divenire generali dell’esercito italiano, erano suoi luogotenenti. Marco Cossovich, veneziano, uno che nel ’48 aveva concorso a levar l’arsenale agli Austriaci, e Francesco Buttinoni da Treviglio provato già nel ’48 e nel ’49, erano loro sottotenenti, tutti e quattro già chi di trenta, di trentacinque o trentasei anni; e sergenti e soldati benchè fior d’uomini tutti, badassero bene con chi avevano da fare, chè con Bixio, non dico paurosi, ma solo inesperti o disattenti o svogliati, c’era da essere inceneriti.
Ma ogni dappoco sarebbe divenuto un valente anche solo pel contatto con sergenti come erano Ettore Filippini, Eugenio Sartori, Angelo Rebeschini, Enrico Uziel, e tra commilitoni come Giovanni Capurro, Emilio Evangelisti, Enrico Rossetti, e altri molti che Bixio aveva impressi del suo sigillo. E poi vi erano nella compagnia Pietro Spangaro, Raniero Taddei, Antonio Ottavi, già ufficiali di grido che per nobile compiacimento si erano