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188 | CAPO XXIII. |
cratico. Perciocchè tutta l’arte apparentemente stava ne’ mezzi di placare gl’iddii col ministerio de’ suoi prediletti. Usavano gli Etruschi ne’ casi più gravi di fieri malori una sorte di ludi scenici[1], singolarmente accetti alle loro deità salutari: le quali, per precetto, volean guadagnarsi con servigj graditi[2]. I sacerdoti Marsi si valevano di carmi e parole magiche, parte essenzialissima della medicina curativa: sanavano le ferite con canti sonniferi ed erbe de’ loro monti[3]; nè diversamente, mischiando la teurgia coll’empirismo, solean tutti i medicanti curare le malattie volgari[4]. Però non senza circospetta osservazione de’ fatti cercavano i più sagaci sacerdoti il miglioramento progressivo dell’arte salutare. Per istudio della natura nella vita vegetabile seppero gli Etruschi attamente conoscere la virtù curativa di molte piante del loro suolo, e manipolarne que’ farmachi eletti, per la cui efficacia essi furono tanto celebrati al mondo[5]. Abbonda la Toscana d’acque virtuose: nè di queste conobbero meno i nostri antichi le proprietà medicinali, presidio di sanità. E buon ar-
- ↑ Liv. vii. 2.
- ↑ Vedi sopra p. 148.
- ↑ Vedi Tom. i. p. 251.
- ↑ Cato r. r. 160.; Plin. xxviii. 2.
- ↑ Theoprast. Hist. plant. ix. 15: dove egli cita il seguente verso d’un poema elegiaco d’Eschilo.
Τυῤῥηνῶν γενεὰν φαρμακόποιον ἔθνος.
Martian. Capell. vi. Etruria regio... remediorum origine celebrata.