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CAPO XI. | 239 |
parrà di certo esagerato il patetico lamento di Livio1; che ove ne’ Volsci prosperavano felicemente moltitudine d’uomini liberi, più non si vedessero a’ suoi giorni altro che schiavi.
In piccolo e montuoso territorio tra i Volsci e la Campania risedevano gli Aurunci, ch’ebbero in sorte di salvare il nome nativo dell’antica schiatta. Attenenti per origine al gran tronco degli Osci, tanto significava dire Aurunci, quanto Opici e Osci; od Ausoni alla maniera greca2: ond’è fuor di dubbio, che in quest’angolo stesso fra i monti e il mare s’annidò fin da remotissimi tempi, e vi si tenne sicura, una qualche ferocissima tribù degli Osci primitivi3. Se mai è vero che Omero, come si vuole, ponesse nelle loro sedi i fieri pasti dei Lestrigoni4, una sì fatta incredibile tradizione dovea venire ai Greci dalle mostruose narrazioni de’ navigatori che frequentavano in quelle marine, e trovarsi fondata nell’asprezza di natura degli abitatori: benchè sien dessi ritratti ancora dal poeta dimoranti in sua città con pastori stipendiati, e facenti uso di carri: costumi difformi tra se, e affatto incompatibili di civiltà mista con troppa barbarie. Tuttavolta nel concetto degli antichi continuava la fama della indomabil fierezza degli Aurunci: