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CAPO VII. 113

storie narammo noi stessi distesamente altrove1. Quel Flacco tra gli altri, e Cecina, che scrissero l’istoria degli Etruschi, raccontavano a un modo, che le dodici città settentrionali v’erano state fondate da un Tarconte, condottiere dell’esercito che valicò gli Appennini2: il qual nome di Tarconte, benchè originalmente eroico, fu anche proprio e speciale patronimico dell’Etruria media3. Se può addursi l’autorità d’un poeta, nativo di questi paesi, il dominio etrusco si sarebbe esteso al lago di Garda4, che altro non è che il fiume Mincio* 1: e quindi gli Etruschi avrebbero cautamente occupato alle radici delle Alpi anco i luoghi e le strette che danno passo, onde tenersi aperta la via delle montagne, e rendere più sicuro il basso territorio dalle irruzioni degli Alpigiani. E questi luoghi forti han dovuto all’uopo servir loro non solamente di riparo, ma di mezzo opportunissimo ad internarsi nella Rezia, ed a dimesticarsi quivi coi

  1. Italia av. il dominio dei Romani. T. iii. c. 4.
  2. In i. Rerum Etruscarum. Schol. ver. ad Æn. x. 198. conf. Serv. ibid.
  3. Tarchu nelle iscrizioni, giusta la forma primitiva; ond’è e cognome della Gens Tarquinia.
  4. Lidyæ lacus undæ. Catull. xxxii. 13.



  1. Benchè il Mincio non sia il lago di Garda, ma un fiume che ad Arilica, oggi Peschiera, esce da quello; pure Plinio considerò per Mincio anche il fiume influente, e disse che l’acqua sua galleggia sino all’uscire da esso (V. Hist. Nat. lib. II, c. 103; e lib. IX, c. 22).