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352 serata xxi

quel letargo riparatore che la vita rinnovella ed accresce? Avete bisogno che io vi narri i portenti vitali del letargo? Osservate gl’insetti che, come il baco da seta, sono destinati in vita a così meravigliose trasformazioni. Non parliamo di quelle dormite periodiche, per cui quelle larve vanno successivamente spogliandosi e rivestendosi, guadagnando sempre di attività vitale, e palesandola alla voracità sempre crescente. Siamo al momento solenne; al momento di quella morte apparente che precede la totale trasformazione degl’insetti. Quella larva vi si prepara con un lavoro che in sè racchiude un mondo di meraviglie. Da prima una rada orditura riempie, a modo di nube leggerissima, il vano tra fronda e fronda. Ma quella nube si condensa: la larva a poco a poco si dilegua e in pari tempo un’altra forma più decisa traspare da un contorno indefinito: è il bozzolo; la larva si è così fabbricata una tomba. Prendete quel bozzolo; tagliatelo; eccovi una figura stupidamente imbacuccata, eccovi la crisalide, somigliante a un cadavere, ove non rimane che un resto di vita, tradito da lievi guizzi, da deboli contrazioni. Passano alcuni giorni: un leggero crepitare vi avverte che un essere vivo si agita là dentro, ove prima regnava un mortale silenzio. Quella tomba si apre.... Chi ravviserebbe nel fantasma che ne sboccia quel lurido bruco che vi si chiuse pochi giorni innanzi? Quel fantasma è un essere ebbro di una vita tutta novella. Le ale flaccide e ripiegate si agitano e si distendono: il raggio del sole vi si frange in una miriade di gemme. Leggera come l’aria, di cui diviene libera cittadina, ecco librarsi la vaga farfalla, cinta di tutti gli splendori di una reggia, e ruota, e turbina, poggiandosi leggera or su questo fiore, or su quello, simbolo della vita, simbolo di quella Psiche, che è l’anima, che è la sostanza delle più sublimi nature. Direte voi che il letargo è simbolo di morte? Ditelo pure: ma nel senso che piglia la morte guardata al raggio della fede nella immortalità: in quel senso in cui disse Dante:

Non v’accorgete voi che noi siam vermi
Nati a formar l’angelica farfalla?1».

6. Tutta questa tirata un po’ troppo filosofica m’era uscita, senza avvedermene, dimenticandomi un pochino qual fosse la natura e la capacità del mio piccolo uditorio; sicchè alla fine, risovvenendomi, dovetti ridere di me stesso. «Vedete?... Dai pipi-

  1. Purg., C. X.