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di grammatica, ch’egli avea, e un poco di suo ingegno potea fare„.1 Or se uno d’essi autori valeva a impersonare tale studio, questi era Virgilio.2 Già ai tempi di Quintiliano e prima “Virgilio era il primo libro latino che prendevano in mano i fanciulli dopo avere imparato a leggere e scrivere, e d’allora in poi esso serviva non meno all’insegnamento elementare che al superiore„. E così continuò per un pezzo;3 e nei tempi oscuri di mezzo4 “dove regnò la grammatica, ivi regnò anche Virgilio, compagno inseparabile ed autorità suprema di essa. Virgilio e la grammatica si può dire che, nel medio evo, cessino di essere due cose distinte e divengano quasi sinonimi„. E ciò valeva, più che per qualunque altro, per Dante, il quale già nella Vita Nuova, quando per il suo ingegno “molte cose, quasi come sognando, già vedea„,5 citava prima e più diffusamente di ogni altro poeta Virgilio, a dimostrare che i poeti devono parlare “non senza ragione alcuna, ma con ragione, la quale poi sia possibile d’aprire per prosa„.6 Si aggiunga a ciò che Virgilio cantò la giustizia di Enea; che visse ai tempi d’Augusto, quando “esistendo perfetta monarchia, il mondo d’ogni parte fu quieto„;7 che portava, sì dietro sè, ma tal lume che stenebrava altrui, essendo egli quasi un profeta, inconscio, di Gesù;8 che oltre aver cantata la discesa agl’inferi d’Enea, ed essere perciò come l’evangelista dell’eroe della vita attiva, aveva acquistato nei tempi di mezzo fama di mago.

  1. Conv. II 13.
  2. Virgilio nel Medio Evo di D. Comparetti 2. ed. Vol. I cap. III.
  3. Op. cit. pag. 92, 97.
  4. Op. cit. pag. 101.
  5. Conv. II 13.
  6. V. N. XI 25.
  7. De Mon. I, 18; e passim.
  8. Purg. XXII 72.