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290 | sotto il velame |
Questi elementi subbiettivi riconosce Dante nel peccato. Leggiamo in vero:1
l’argomento della mente
s’aggiunge al mal volere ed alla possa.
La possa è del corpo gigantesco; e l’appetito è il più vicino al moto dal nostro corpo. Anche:2
giunse quel mal voler, che pur mal chiede,
con l’intelletto, e mosse il fumo e il vento
per la virtù che sua natura diede.
Questa virtù della sua natura (si parla del diavolo) è sempre quella, per cui, ad esempio, un uomo può eseguire il male voluto dalla volontà e aiutato dall’intelletto: la possa: ciò che nella Trinità è detto sì potestà, sì virtù.3 Dai due luoghi apprendiamo se ce n’è bisogno, che il mal volere è, per così dire, il fondo della malizia. E così comprendiamo quest’altro luogo:4
Se l’ira sovra ’l mal voler s’aggueffa;
il che vuol dire: se ciò che nell’uomo è l’appetito irascibile s’aggomitola a quel fondo di malizia. Sempre quella possa o virtù.
Ora i fantasmi che sono nei cerchi dove si puniscono gl’incontinenti, sono unicorpori: Caron, Minos, Cerbero... Ma Minos ha la coda! Ma Cerbero ha tre teste! Checchè si dica, Dante ha concepite queste figure come une e semplici. Altro fatto è delle tre teste mitiche di Cerbero, altro delle tre mistiche di
- ↑ Inf. XXXI 56 seg.
- ↑ Purg. V 112 segg.
- ↑ Inf. III 5. E vedi a pag. 177, nota 2.
- ↑ Inf. XXIII 16.