Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
248 | sotto il velame |
passato lo Stige e veduto il Tartaro o Dite„? Non è vero, Dante padre?
Ma continuano e continueranno a dire che quel Duca,1 cieco d’occhi, era cieco anche di mente, quelli, e son tanti, che hanno gli occhi e non vedono!
IX.
Dante e Virgilio entrano in Dite “senza alcuna guerra„. La guerra c’era stata e l’ira c’era voluta, e un’alta ira animatrice d’una eroica fortezza: la fortezza di lui che già nella Eneide presentava la spada nuda alle ombre e ai mostri dell’Averno; di lui pio, le cui parole sono sante.2 Ora sono, al medesimo piano, presso a poco, della palude stigia, lungo gli spaldi della città roggia, in un cimitero.3 I coperchi delle arche sono alzati: nessuno fa guardia. È il fatto, per una parte, degl’ignavi del vestibolo, che non escono sebbene la porta sia aperta. E per l’altra è il fatto del limbo, anzi del nobile castello; che qui sono grandi e sapienti, e nessun male di loro si può raccontare, salvo che uno: mala luce.4 In verità sono eresiarche; e sono di loro i seguaci d’Epicuro5
che l’anima col corpo morta fanno.
Quelli del limbo ebbero il lume che è tenebra. Peccarono per l’ignoranza originale. Questi ebbero mala
- ↑ Michelangelo Caetani duca di Sermoneta, autore di questa massimamente felice interpretazione.
- ↑ Inf. IX 105 seg.
- ↑ Inf. X 13.
- ↑ ib. 100.
- ↑ ib. 15.