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Sonetti del 1831 99


POVERETTI CHE MMÒRENO PE’ LE CAMPAGNE
E SSEPPELLITI PE’ LA-MOR DE DDIO IN QUESTO
SANTO LOGO.1

     Cristiana2 mia, fai bbene pe’ li morti?
Pijji li pellegrini in dormitorio?
Io sciò3 un’anima drento ar purgatorio,
4Che sta speranno in ne li tu’ conforti.

     Pe’ ffà ccantà le messe a Ssan Grigorio,4
Ce vò l’inguento de zecchini storti:5
E la santa indurgenza che ttu pporti
8Fa mmejjo de diasilla e rrisponzorio.6

     Penza, sorella7 mia, che inzin da maggio
St’anima a cchiede er bene arza la testa,
11Senza poténne avé mmanco un assaggio.

     Via, mòvete a ppietà ’na cosa lesta,8
Òpri la cappelletta der zuffraggio,
14Dàmo du’ tocchi, e poi sonàmo a ffesta.

Roma, 2 novembre 1831.

  1. [La Compagnia della Morte ha per istituto di andare anche a raccogliere i poveri morti abbandonati per le campagne, che poi, a quel tempo, seppelliva nel suo Oratorio. E le parole che servono di titolo a questo sonetto, sono le stesse che, agitando il bossolo, pronunziavano con voce profonda e cadenzata i due confratelli incaricati di ricevere, all’ingresso dell’Oratorio, le elemosine dei visitatori della rappresentazione muta di un fatto del Vecchio o del Nuovo Testamento, la quale vi si faceva per tutto l’ottavario de’ Morti. Cfr. anche i due sonetti: Er Cimiterio ecc., 10 dic. 32.]
  2. [Qui sta per "donna, amica, ecc.„]
  3. [Ci ho.]
  4. [Qualunque messa celebrata sul famoso altare privilegiato della Basilica di S. Gregorio, come, del resto, su qualunque altro altare che abbia codesto privilegio, manda subito dal purgatorio in paradiso l’anima a cui si applica, se Dio non creda di mandarcene un’altra in sua vece. Cfr. il sonetto: L’entrat’e usscita ecc., 14 mar. 46.]
  5. [Così si chiamavano quelli d’oro purissimo, coniati nell’antica zecca di Roma, e che per esser privi di lega, si piegavano e si torcevano con somma facilità.]
  6. [Giova più di diesire e responsorio. Il nome diasilla è preso dal secondo emistichio: “Dies irae, dies illa.„]
  7. [Amica, cara, ecc.]
  8. [Sollecitamente.]