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154 Sonetti del 1838

A LA SORA TÈTA ZZAMPI.

     Ma inzomma, è vvera o nno, ssora Titina,1
La nova che mm’è stata ariccontata,
Ch’er zor Pippo2 va ffora a Mmascerata,
A spezzionà la truppa papalina?

     Vedi che zzuggna!3 Oh cquesta sì, pper dina,
Che mm’abbruscia e mme passa la corata!
E cchi cce la dà ppiù ’n’antra maggnata,
Come l’avémo avuta stammatina?4

     Ma ppe’ la santa Vergine Mmaria!
È un gran dì cche cchi ttrova un pezzo d’oro
L’abbi da perde,5 o da bbuttallo via!

     Fussi Papa sto povero stivale,6
Sentiressivo7 in pieno concistoro:
“Ir ziggnor8 Pippo a Rroma, e ggenerale.„

23 settembre 1838.

  1. Signora Teresina.
  2. [Filippo, il marito di lei, sul quale si veda anche il sonetto: Er ritratto ecc., 26 magg. 38.]
  3. [Vedi che bagatella! Cfr. la nota 5 del sonetto: Er barbiere, 7 febb., e la 7 dell’altro: Er fornaro ecc., 24 nov. 32.]
  4. [Si vede che lo Zampi, prima di partire per Macerata, aveva invitato il Belli e altri amici a colazione, o a desinare; e forse il sonetto fu recitato in fin di tavola.]
  5. L’abbia da perdere.
  6. Nel profferire questa parola si batte il petto.
  7. Sentireste, per “udreste.„
  8. [Invece dello schietto romanesco Er zor, per affettare, come sempre in casi simili, il linguaggio civile del Papa.]