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150 Sonetti del 1838

UN PARAGONE.

     E ttant’è vvero che nnun è bbuscìa,1
Che lo porteno inzino le gazzette.
Er Papa jjer’a otto2 ariscevette
Monziggnor Accemette3 de Turchia.

     Questo ve fa ccapì, mmastro Tobbia,
Ch’oggni paese ar monno ha er zu’ Accemette,
Come tiè oggn’osteria le su’ fujjette4
E oggni cchiesa ha la propia sagrestia.

     Quale scittà sse poterebbe arrègge5
Senza Montescitori6 e ttribbunali
Da fà ssentenze e mminestrà la lègge?7

     Ccusì ppuro8 l’impieghi cammerali,
Voi sentirete chi ssa sscrive e llegge9
Che cqua a Rroma e in Turchia so’ ttutti uguali.10

19 giugno 1838.

  1. Non è bugia.
  2. Ieri ad otto: otto giorni addietro [sic].
  3. L’equivoco si fonda sulla consimiglianza del titolo di A. C. Met. (Auditor Camerae Met.) appartenente ad uno de’ giudici prelati del foro di Roma [V. i sonetto: Du’ servitori e Er decretone, 28 nov. e 1 dic. 32], col nome proprio musulmano Acmet. E realmente Ahmed Feth Pascià, ambasciadore per la sublime porta presso il re cristianissimo, fu il 12 giugno 1838 accolto dal successore di Urbano II in amorevole e paterna udienza, negata però saviamente al dragomanno di quello, perchè greco scismatico, dovendosi dalla moderna Chiesa Romana preferire l’intiero Maometto a un mezzo Gesù Cristo, dacchè la ristaurazione del 1814 e le sue conseguenze dimostrarono la utilità di qualche concordia tra la vecchia religione e la nuova politica. Accomiatato dal padre de’ fedeli l’ortodosso islamita, costui trovò l’escluso dragomanno all’uscio delle stanze pontificie, e con orientale cor- tesia gli disse: Soomàro. Queste particolarità io seppi da un novizio cavaliere gerosolimitano, che stava in anticamera facendo il servizio sostituito recentemente alle disusate carovane del sacro ordine degli Ospitalieri.
  4. [La foglietta era la misura più comune del vino, e conteneva poco più di mezzo litro.]
  5. Quale città si potrebbe reggere.
  6. Montecitorio è il palazzo dei tribunali camerati.
  7. E amministrare la giustizia.
  8. Pure.
  9. Chi sa scrivere e leggere.
  10. Son tutti uguali. Moltissimi punti di eguaglianza si troverebbero ne’ due governi, incominciando dalla teocrazia e terminando alla corrispondenza che passa fra Camera e Porta.