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Sonetti del 1838 147

ER ZERVIZZIO DE GALA.1

     Er zervizzio de gala der Zovrano
È llègge vecchia da ch’er monno è mmonno2
Che nun pòzzi3 mai èsse4 traverzato,
Manco da un primo prencipe romano.

     Sin ch’er zervizzio suo nun è ppassato,
L’antre carrozze hanno da stà llontano;
E ssi5 un cavallo j’arrubba la mano,
Nun è scusa che scusi sto peccato.

     Dunque me pare a mmé, ssori paìni,6
Che ssii deggno dell’urtimo supprizzio
Quer birbo der cucchier de Pediscini.

     Ccusì er Papa, s’è un omo de ggiudizzio,
Imparerà7 a ccucchieri e vvitturini
Cosa s’abbusca a rróppeje8 er zervizzio.9

26 marzo 1838.

  1. V. il sonetto antecedente. — Mentre Gregorio XVI in treno o servizio di gala ritornava il 5 marzo dalla chiesa di Santa Maria sopra Minerva, la carrozza del cardinale Pedicini vice-cancelliere di Santa Chiesa attraversò le carrozze del seguito papale. Trattenuto perciò dal suo corso Gaetano Moroni, cameriere pontificio [V. la nota 13 del sonetto: La morte ecc. 11 genn. 34], che occupava il legno del cardinale Falconieri ammesso nella carrozza del Papa, ricorse al Pontefice contro l’attentato del cocchiere violatore dell’uso; e ciò non per riguardo a sè, ma per l’amore della carica. Ad onta delle difese del di lui padrone Pedicini, che adduceva per iscusa la soverchia ardenza de’ suoi cavalli, il temerario cocchiere fu rinchiuso in istretta carcere, e denudato onde rinviare al Cardinale tutti i di lui panni di livrea.
  2. Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte
  3. Non possa.
  4. Essere.
  5. Se.
  6. Signori paìni. Ogni cittadino del mezzo ceto è un paìno.
  7. Insegnerà.
  8. A rompergli.
  9. Anche l’ano è a Roma detto per decenza servizio.