E cciò li tistimoni

Giuseppe Gioachino Belli

1838 Indice:Sonetti romaneschi V.djvu sonetti letteratura E cciò li tistimoni Intestazione 8 luglio 2024 75% Da definire

Er disgrazziato Er zervizzio de gala
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1838

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E CCIÒ LI TISTIMONI.1

     Quanno che er Zanto Padre passò jjeri
Pe’ Ppasquino ar tornà da la Nunziata,2
Stava cór una sciurma indiavolata,3
Peggio d’un caporal de granattieri.

     E ffasceva una scerta chiacchierata
Ar cardinal Orioli e a Ffarcoggneri,4
Che jje stàveno a ssede de facciata5
Tutt’e ddua zzitti zzitti sseri seri.

     La ggente intanto strillava a ttempesta;
E llui de qua e de llà ddar carrozzone
’Na bbenedizzionaccia lesta lesta.

     Poi ritornava co’ le su’ manone6
A ggistì7 a cquelli; e cquelli co’ la testa
Pareva che jje dàssino8 raggione.

26 marzo 1838.

Note

  1. E ci ho i testimoni. — Vedi il sonetto seguente.
  2. Dalla Chiesa e Archiconfraternita della Vergine Annunziata, dove è festività il 5 di marzo, e distribuisconsi molte doti alle vergini o zittelle che siano. In simil giorno il Papa assiste al pontificale cardinalizio nella contigua chiesa di Santa Maria sopra Minerva, appartenente ai Padri domenicani.
  3. Con un fosco cipiglio.
  4. [Falconieri.]
  5. A sedere in faccia.
  6. Le sue grandi mani.
  7. A gestire.
  8. Che gli dassero.