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162 Sonetti del 1835

LE SCUSE DE GHETTO.1

     In questo io penzo come penzi tu:
Io l’odio li Ggiudii peggio de te;2
Perché nun zò ccattolichi, e pperché
Messeno3 in crosce er Redentor Gesù.

     Chi aripescassi4 poi dar tett’in giù5
Drento a la lègge vecchia de Mosè,
Disce l’Ebbreo che cquarche ccosa sc’è
Ppe’ scusà le su’ dodisci tribbù.

     Ddefatti, disce lui, Cristo partì
Dda casa sua, e sse ne venne cqua
Cco’ l’idea de quer zanto venardì.6

     Ddunque, seguita a ddì Bbaruccabbà,7
Subbito che8 llui venne pe’ mmorì,
Cquarchiduno9 l’aveva da ammazzà.

6 aprile 1835

  1. Le scuse del Ghetto. — Con questo sonetto, che ferisce mortalmente un punto capitale della dottrina cattolica, il Poeta vuol vendicare le persecuzioni crudeli e le umiliazioni più crudeli ancora, fatte patire dai Cattolici ai poveri Israeliti. EgGGli torna spesso su questo doloroso argomento (V. i sonetti: Le curze ecc., 10 genn. 33; L’omaccio ecc., 4 magg. 33; Una smilordaria ecc., 17 genn. 35, altri), perchè al suo tempo Leone XII ritolse agli Ebrei ogni diritto di proprietà, obbligandoli a vendere quelle che già possedevano; li fece rinchiudere ne’ Ghetti con muraglie e portoni; li mise sotto le paterne cure del Sant’Uffizio, e richiamò in vigore contro di loro molte altre angherie del medio evo. (Cfr. Farini, Op. e vol. cit., pag. 22.) Le quali durarono poi per tutto il pontificato di Gregorio XVI, e molte durarono anche sotto Pio IX, tantochè, per citare un solo esempio, il cardinal Vannicelli, arci-vescovo di Ferrara, proibiva con lettera del 28 aprile 1851 che gli Ebrei potessero essere ascritti alla Società del Casino di quella città, perchè "da tale contatto la Religione nostra Santissima e la morale non possono che riceverne danno.„ Cfr. Documenti sul Governo Pontificio, raccolti per decreto del Governo delle Romagne; Prato, 1860; parte I, pag. 306-7.]
  2. [Più che non li odi tu.]
  3. Misero.
  4. Ripescasse. [Variante popolare: Ma ripescanno.]
  5. [Cioè: "secondo le viste umane.„ L'opposto di dar tetto in zu.]
  6. [Cioè: "con l'idea di morire per la redenzione del genere umano.„]
  7. [Cioè: "l'Ebreo,„ ma detto con intenzione satirica o di spregio. Deriva dalle parole ebraiche Baruh abbà, le quali s'incontrano nel Salmo CXVII, 26:
    Baruh abbà bescem Adonai,
    Benedictus qui venit in nomine Domini,

    e che propriamente sono un saluto rituale, ma di cui gl'Israeliti, o almeno gì' Israeliti di Roma, si servivano, e alcuni si servono ancora, per dare il benvenuto. Famose tra 'l nostro popolo sono due storielle in pessimi versi, che si ristampano ancora, e che, nelle edizioni che ne posseggo io, hanno per titolo: Sposalizio della gnora Luna col sior Baruccabà, e morte di essa per il gran disturbo avuto nel suo sposalizio; Prato, a spese di M. Contrucci e CC, 1864; — Diana infedele di Baruccabà seconde nozze, con la fuga di essa con due mercanti e morte dello sposo Baruccabà e del Rabbino: ed il suo ritrovamento in Venezia, abbandonata dalli due mercanti; Todi, con permesso.]

  8. Subitochè: postochè.
  9. Qualcuno.