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Sonetti del 1833 | 49 |
L’APPUNTAMENTO.
Sii detto tra pparentis:1 accidenti!
T’abbasta mai de famme2 stà cqui ffòra?
S’ha d’aspettà de ppiù, ppe’ ddina nora?
Bell’ora de vienì a l’appuntamenti!
Sì! vvent’ora, e la picca:3 propio venti!
Come intòcca,4 mommó5 sso’ vventun’ora.
Venti e ttrecquarti so’ ssonati allora
Che Ssucchiella t’ha ttrovo6 a li Serpenti.7
Bravo! dàmosce8 un po’ una scallatina.9
Va’ vva’!10 eh ssicuro che vva addietro un mese!
Nu’ lo senti per dio, che nnun cammina?
Tu sguèrcete11 in der mio. Cueste so’ spese!
E aribbatte12 co’ cquello, oggni matina,
Che rregola l’imbrojji der paese.13
Roma, 11 maggio 1833.
- ↑ Parentesi.
- ↑ Farmi.
- ↑ Espressione d’impazienza di chi non vuole stare al detto altrui.
- ↑ [Come batte l’orologio.]
- ↑ Or ora.
- ↑ Trovato.
- ↑ Contrada del Rione dei Monti.
- ↑ Diamoci.
- ↑ Così suol dirsi, allorchè veggasi altri por mano a un oriuoio di vecchia forma [che, per ischerzo, si chiama scallaletto, scaldaletto]. Veggasi su ciò il sonetto... [Er bracco ecc., 7 dic. 32].
- ↑ Ve’ ve’! [Va’, troncamento di varda, guarda.]
- ↑ Accècati [sguèrciati] ecc.: semplicemente, “osserva.„ [O meglio “spècchiati.„]
- ↑ Ribatte: si confronta.
- ↑ L’orologio di Monte Citorio, che dà norma alle udienze del Foro, e all’orario de’ pubblici dicasteri.