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228 Sonetti del 1831

morè!, il qual grido io credo derivi dal latino mora est. Raccogliendosi salvi dai colpi intorno alla mamma, i dispersi giocatori le vanno chiedendo con una specie di cantilena: Pane, cacio e vino dorce! E se la mamma grida: Nun so’ più fijji miaaa!, il gioco ricomincia.]      21 [Alla mora e alla palla, come in Toscana, e, credo, in tutta Italia.]      23 [V. il sonetto: Er gioco ecc., 22 ag. 30.]      24 [A cavallaccio in Toscana, a cingicollo nell’Umbria.]      25 [È più una penitenza, che un gioco. V. la nota 7 del sonetto: La commare ecc., 1 mar. 47.]      26 [Il padre Daniele Olckers, che nel Programma del R. Ginnasio Massimiliano pell’anno scolastico 1877-78 (Monaco, 1878), illustrò alcuni sonetti del Belli, dice che a ghiringhella “si fa andando in giravolte.„ Ma il suo lavoretto, quantunque degno di ammirazione perchè fatto da uno straniero, contiene così grossi errori, specialmente nella spiegazione di questi giochi, che io sto in sospetto anche di questa del ghiringhella. Per conto mio, devo confessare che, per quante ricerche io abbia fatte, non m’è riuscito di saperne nulla; e credo che oggi il gioco sia caduto in disuso. So però che in bolognese ghirigaia significa “gaiezza;„ e dal Cherubini vedo che a Milano Pader Ghiringhèll equivale al “Fra Fazio„ de’ Toscani, e che a Gallarate danno il nome di ghiringhèll “a una specie di tabella (tricch e tracch), colla quale que’ ragazzi sogliono romoreggiando festeggiare in quella terra la loro Giubbietta o Giubbiana che sia.„]      27 [Tutti i giocatori, meno uno che resta in mezzo, toccano qualcosa di ferro, come il martello d’un uscio, un chiodo sul muro, una ferrata, ecc., e poi scappano per mutar posto. Chi non ci riesce perchè è acchiappato da quello di mezzo, va nel suo luogo. Chi tocca il ferro, si dice che sta al sagro, perchè non può esser preso, come non poteva esser preso dalla forza pubblica chi si ricoverava in luogo sacro. In mancanza però di cose di ferro, il sagro può essere un albero, una cantonata ecc., come nel bomba, toccapanca e toccapoma de’ Toscani, secondo la descrizione che ne dà il Rigutinl-Fanfani. Nell’Umbria e altrove, questo gioco si chiama toccaferro. “Varietà messinesi,„ dice il Pitrè, pag. 269-70, “sono il tocca-fìmmini, in cui i giocatori, per non esser presi..., devono toccare le donne che passano o nelle braccia, o nel petto, o nel seggiu, secondo è stato prestabilito; il tocca-criati, in cui s’hanno a toccar cameriere; il tocca-purticati, in cui correndosi un lungo tratto si ha a toccar dappertutto le porte (purticatì) che s’incontrano; il rumpi-pignati, che porta con sè la bella condizione di andar rompendo lampioni di bettole o pignatte di terra cotta messe fuori a bollire.„]      28 [A filetto.]      29 [A nocino.]      30 [A cor-