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102 Sonetti del 1831


ER TEMPO BBONO.

     Dimani, s’er Ziggnore sce dà vvita,
Vederemo spuntà la Cannelora.1
Sora neve, sta bbuggera è ffinita,
4Ch’oramai de l’inverno sémo fòra.2

     Armanco sce potémo arzà3 a bbon’ora,
Pe’ annà a bbeve cuer goccio d’acquavita.
E ppoi viè mmarzo, e se pò stà de fòra
8A ffà ddu’ passatelle4 e una partita.

     St’anno che mme s’è rrotto er farajolo,
M’è vvienuta ’na frega5 de ggeloni
E pe’ ttre mmesi un catarruccio solo.

     12Ecco l’affetti6 de servì ppadroni
Che ccommàtteno er cescio cór fasciolo,7
Sibbè, a sentilli,8 so’ ricchepulloni.9

In legno, da Morrovalle a Tolentino,
28 settembre 1831.


  1. La Candelaia. [Che ricorre il 2 febbraio.]
  2. Dicesi in Roma: Quando vien la Candelora, dell’inverno siamo fuora; lo che con due altri mesi di giunta si verifica sempre. [In Toscana, secondo il Giorgini-Broglio, il proverbio ha questa forma: Santa Maria Candelora, Se nevica o se plora, Dell’inverno siamo fuora; Se gli è sole o solicello, Siamo sempre a mezzo il verno.]
  3. [Ci possiamo alzare.]
  4. Specie di giuoco, che consiste nel ber vino chi sì e chi no, con certe leggi. [V. vol. VI, pag. 12, nota 4.]
  5. Una gran quantità.
  6. Effetti.
  7. Combattere il cecio col fagiuolo: esser di assai magre fortune.
  8. Sentirli.
  9. Ricchi Epuloni: frase tolta dal Vangelo.