clop. agr. 4 p. 379), e se i fornai di Parigi contavano sopra una produzione media di 130 chilogrammi di grossi pani ogni 100 chilogrammi di farina (Selmi, Enciclop. chim. 8 p. 670; Cantoni, Encicl. agr. 4 p. 370), d’altra parte esperienze fatte nella panetteria di Metz davano una produzione di 136 chilogrammi, e Thibault trovò che con differenti qualità di frumento, che pesino da 70 agli 80 chilogrammi all’ettolitro, per ogni 100 chilogrammi di farina si ottiene una produzione progressiva da 132 a 142 chilogrammi di pane (Cantoni, Encicl. agr. 4 p. 370, 380). Non è d’altra parte da dimenticare quanto, non solo la grandezza, ma anche la forma stessa del pane in pasta abbia influenza sul maggiore o minor calo, sicchè un pane di forma rotonda può nella cottura soffrire il calo del 12,28, di forma piatta dei 32,43, di forma a corona persino del 40,12 per cento (v. Nota 82). Di più, per pani in pasta di media consistenza, che abbiano un peso da chilogrammi 6,610 a chilogrammi 1,180, il calo può variare da 9,23 a 18 per cento (Selmi, Encicl. chim. 8 p. 670; Cantoni a. l. c.). Non fa bisogno dire che una influenza notevolissima sul calo è esercitata dalla maggiore superficie presentata dal pane in pasta o dalla sua sottigliezza, e che inoltre una certa influenza, sebbene leggerissima, è esercitata anche dal posto che i pani occupano nel forno (Tillet in Cantoni a. l. c.). Queste difficoltà, alle quali tutte certamente non avranno posto mente i nostri antenati, ci persuadono di accogliere i dati medii sopra un buon frumento da 76 chilogrammi all’ettolitro, e di portare su di essi il confronto dei nostri Calmerii.