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sognare? non oscure e volgari ma luminose e magnanime, e degne che si ammirassero da quei popoli primi ordinatori dell’Italiana sapienza, e maestri1 avanti dei Greci ai Romani stessi i quali colpa delle istituzioni ebbero a domatori. Che se come il pensiero facilmente tutte queste azioni comprende, non può anche il freddo calcolo enumerando percorrerle; causa ne è l’avvenuta distruzione dei monumenti, ed il tener noi quanto dell’Etruria sappiamo da invidi e nemici scrittori, i quali dicendone ciò che bene alle loro cose tornava, non la libera Etruria, ma quella soggetta prima all’influenza e poscia alla servitù straniera descrissero. Pure quei fatti che in tale decadenza del suo paese intorno ad Arezzo si leggono saranno, credo degl’antecedenti non debole indizio. Discesi i Galli2 dalle Alpi, desolato il terreno col fuoco e col ferro, e rotto vicino alla stessa Città l’Ausiliare Romano esercito, sino a prenderne novo nome il luogo del seguito conflitto, fecersi animosi a circuirla d’assedio; e quei barbari che altra volta la romana grandezza allo stretto nido del Campidoglio ridussero, ed ivi pressochè soffocarono, come allora dalla virtù di Camillo furono delle fatte depredazioni puniti, così questa fiata dalla magnanima resistenza d’Arezzo vennero dal commetterne delle maggiori impediti, e con due anni d’inutili sforzi intorno alle sue mura, alla disfatta che altrove attendevali

  1. Livio lib. 9. an. 444.
  2. Polibio lib. 2. cap. 9. Stor. Univers. tom. XI.