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latina strage ogni strada, ella nel più grande degl’infortunj della vittoria più degna per il sentimento de suoi alti destini, e per la volontà non flessibile da umano evento agl’immutabili Numi si avvicinò; Io non a torto mi vò persuadendo dalla giornata di Campaldino discendere la megliore difesa d’Arezzo; e perchè la forza dell’animo meglio fra la compassione degl’avversi casi che nell’invidia de prosperi s’appalesa; e perchè quel fatto è più di qualsivoglia vittoria luminoso e dai raccontati prodigj dell’antica Grecia non affatto lontano.

In oltre una tale natura di uomini come mai potè Dante all’arrogante petulenza di ringhiosi cagnoli paragonarla? Si veramente furono gl’Aretini temerari arrischiando una disuguale battaglia contro coloro che un anno avanti aveano in campal conflitto fugati,1 e che ancor dopo non senza qualche successo nella loro città capitale assalirono!2 Sebbene quando i sdegnosi versi dell’Alighieri hanno tutti i Toscani popoli ad una mano di porci, di lupi e di astute volpi ridotto, non può muover giusto lamento chi trovasi la divisa del cagnolo indossata. Tanto più che l’arroganza agl’Aretini rima proverata e l’eroismo sono forse dal solo evento tra loro distinti, procedendo entrambi dall’operare non dietro il freddo calcolo delle proprie forze, ma dietro gl’impulsi di un animo a niuna morta cosa inferiore.


  1. Cronaca del Potestà di Arezzo presso il Murat. Script. res. ital. tom. XXIV. — Il citato poema di Ser Gorello —
  2. La medesima Cronaca all’anno 1304.