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210 parte prima - capitolo xxii


non voleva ritenere il comando della ritirata, questo doveva essere affidato al generale Statella, che gli presentava quel dispaccio. Il Pepe addolorato e costernato di quella vergogna, e sapendo che i soldati non lo conoscevano né lo avrebbero ubbidito, rimise il comando allo Statella; ma i Bolognesi si levarono a rumore, lo Statella impaurito fuggí a Firenze, e il Pepe ripigliò il comando. Cercò spingere innanzi i soldati e farli passare il Po, ma essi tumultuarono non vollero ubbidire, e presero la via del ritorno. Il Pepe passava il Po con mille uomini tra soldati di linea e cacciatori, oltre trecento artiglieri, e con questa mano di generosi andò a Venezia. Il nostro 10° reggimento di linea che aveva combattuto a Montanara e Curtatone e con tanto valore a Goito il 29 maggio fu richiamato anch’esso e dovette tornare. I soldati ubbidiscono al re. Tutti i soldati piemontesi seguivano Carlo Alberto che coi suoi figliuoli combatteva contro gli austriaci per l’indipendenza d’Italia: i soldati napoletani ubbidirono al re quando li mandava con quella bandiera tricolore che essi avevano combattuta in Sicilia e in Calabria come ribelle, ubbidirono quando il re li richiamava. Pochi sentirono che il disubbidire era caritá di patria, era dovere piú alto ed onorato. Oggi dopo tanti anni io mi sento ancora commosso alla memoria di quel fatto, e mando una benedizione alla memoria di Guglielmo Pepe, un saluto a quegli uffiziali e soldati che magnanimi seguirono quel magnanimo, e salvarono almeno l’onore del nome napoletano. Nel ritorno il colonnello Lahalle si uccise con un colpo di pistola, il colonnello Testa morí di dolore: pochi ufficiali e sottoufficiali tornarono al Pepe in Bologna: tutti gli altri maledetti dalle popolazioni tra cui passavano, si ridussero nel regno, e sentendosi vituperati e spregiati perché avevano ubbidito al re, s’inviperarono fieramente e divennero nemici del popolo. Re Ferdinando riusciva cosí a separare l’esercito dal popolo, e farlo tutto suo.

Scrivevano dalle Calabrie, che verrebbero essi sopra Napoli a cacciare il Borbone; e forse il Ricciardi, come il Cardinal Ruffo nel 1799, voleva sollevare le moltitudini calabresi