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306 | scritti di renato serra |
eruditi futuri; i quali potranno anche consolarsi con l’illusione che tutta codesta roba oscura e ingrata abbia un valore di tentativo e di preparazione, quasi spianando la strada a qualche vero poeta, di cui essi studieranno qui gli antecedenti prossimi; press’a poco come si dice, poniamo, che i versificatori dell’Arcadia e del ’700 ci interessano in quanto hanno elaborato i metri e i modi lirici alla poesia nuova del Parini del Foscolo e via via.
Ma oggi il poeta deve ancor venire; ed è inutile fare la cornice al quadro che non c’è.
L’analisi minuta è un passatempo per le conversazioni dei caffè letterari, a cui può interessar di riconoscere che il tale si rammenta tutt’insieme di Witmann e di Benelli e di D’Annunzio, che quell’altro deve aver letto Laforgue, e che il terzo deriva da quei versilibristi che cominciarono a fiorire in Roma un dieci anni addietro e anche più.
Ci sarebbe da seguitare un pezzo su questa strada; facendo perfino un po’ di geografia letteraria, e distinguendo, per esempio, Roma da Firenze, e la riviera ligure da Milano; ogni luogo ha la sua atmosfera e le sue singolarità. Che tutte insieme poi non significano nulla; non si può neanche assumere, come criterio vero e sicuro, la distinzione fra tradizionalisti e novatori; poichè molto spesso la rottura apparente dei ritmi e degli schemi metrici si accompagna con una rigidezza inesorabile di linguaggio fissato negli stampi espressivi più tradizionali.
E fermiamoci presto, per non andare a finire in una delle solite tragedie spirituali in cui il vecchio combatte col nuovo. Il pubblico, per fortuna, non si accorge di nulla. Aspetta pazientemente che questa poesia nuova, di cui gli parlano,