ribile di spirito, mordendo tutte le malinconie umane col loro sorriso, che nella signora era gaio e sincero, e nel signore un po’ scettico. Questi due esseri, che per conto mio e di chi mi legge dichiarerò insopportabili, erano ancora giovani, e se non belli, simpatici; eran soli, nella campagna, nella stagione ricca e non erano punto innamorati. Neppure turbati. Ridevano, si divertivano immensamente e non si erano dati braccio. Si erano burlati di molte cose insieme, dell’idillio specialmente. Si erano burlati delle eterne vergini bionde che sfogliano un’eterna margarita, di Paolo e Virginia a proposito del grande ombrellino della signora, delle famose farfallette innamorate che s’inseguono sulle siepi, dell’usignuolo storico che canta fra i rami, di Catullo che la signora non aveva letto ed il signore sì, della Faute de l’abbé Mauret che ambedue avevano letto, di tutte le elegie più o meno malinconiche, di tutte le descrizioni più o meno colorite che da tempo immemorabile