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considerazioni 185

di Giorgio da Trebisonda fatta nella metà del secolo XV sopra un codice vaticano di fresco apportato dall’Oriente, alle sei stelle qui sopra designate, Sirio non eccettuato, è applicato il nome di subrufa quale equivalente di ὑπόκιῤῥος1. Il consenso di tutti questi esemplari è tanto grande quanto si può desiderare; e la questione potrebbe sembrar risoluta, se diverse ragioni di dubbio non sorgessero da altre parti.

1. Una prima occasione di dubbio sorge dall’esame dell’Almagesto, quale ci fu conservato dalla tradizione degli Arabi: della quale due fonti soltanto sono a me accessibili. La prima sta nella traduzione dell’Almagesto fatta intorno al 1175 da Gerardo di Cremona sopra una versione arabica, e pubblicata a Venezia nel 15152. Noi possiamo considerarla (salvo gli errori dell’interprete, non pochi nè piccoli) come rappresentante il testo arabico adoperato da Gerardo. L’altro fonte di tradizione arabica ci è somministrato dal Catalogo stellare unito all’Uranografia di Alsufi; il quale Catalogo, per quanto concerne le denominazioni delle stelle, si può considerare come una traduzione dell’Almagesto3, la diversità delle posizioni e delle grandezze non dovendo qui entrare in conto. L’opera di Alsufi risale alla metà del secolo X. Io appongo qui sotto le indicazioni di Gerardo da Cremona e di Alsufi per ognuna delle sei stelle considerate, conservando l’idioma latino e francese rispettivamente usati nelle versioni di Ge-

  1. Abbiamo nella Specola di Brera di questa traduzione due edizioni stampate a Basilea, l’una nel 1541, l’altra nel 1551. L’esemplare di quest’ultima appartenne già ad Ugo Foscolo, e porta in fronte una nota bibliografica scritta di sua mano.
  2. Almagestum C. Ptolemaei Pheludiensis Alexandrini Astronomorum principis: opus ingens ac nobile omnes caelorum motus contineus, felicibus astris eut in lucem ductu Petri Lichtenstein Coloniensis Germani anno virginei partus 1515. Che questa edizione latina provenga dalla versione di Gerardo da Cremona è provato da Wüstenfeld, Die Uebersetzungen Arabischer Werke in das Lateinische seut dem XI Jahrhundert (Memorie della Società delle scienze di Gottinga, vol. XXII, 1877, p. 64). Lo stesso è provato da Knobel (Monthly, Not. XLV, p. 146) dal confronto diretto dell’edizione di Lichtenstein con tre copie manoscritte della versione di Gerardo. L’esemplare che di tal edizione possiede la Specola di Brera è un raro cimelio, avendo appartenuto a Michele Maestlin, che fu maestro di Astronomia a Keplero, e che lo riempi dì molte note scritte di sua mano.
  3. Abd-el-Rahman Al-Sûfi, Description des étoiles fixes. Traduction littérate par H. C. F. C. Schjellerup. St. Pétersbourg, 1874.