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giuochi, fanfaluche, e cena prolungata 71

que ridicoli? vedi là il tuo maestro, uomo di venerabile età, al qual noi piacciamo; e tu, fanciul da latte, che non sa dire nè mu, nè ma, vuoi censurare? vaso di terra, anzi lista di cuoio macerato nell’acqua, ma più duro e non migliore. Se’ tu più ricco? desina due volte, cena due volte: io valuto più la mia coscienza, che tutto l’oro del mondo. In somma, chi ha mai chiesta a me due volte una cosa? Io ho servito quarant’anni, pur nessun seppe se schiavo o libero io mi fossi. Venni fanciullo ancora chiamato in questa colonia pria ch’ella fosse Basilica. Ma in modo mi diportai che piacqui al mio padrone, uomo di alto bordo, e insignito di carica, un’unghia67 del quale valeva più che non vali tu intero. Vi erano in casa alcuni che mi tendean dei lacci qua e là; pur per grazia dell’angiol mio, me ne cavai. Questa è la vera mia storia. Gli è tanto facile ad un uom nato libero diventare un atleta, quanto venire in questo luogo. Or di che prendi tu istupore, come fa un becco della mercorella?

Come così ebbe detto, Gitone, il quale sedea sotto a lui, dopo essersi lungo tempo compresso, indecentemente si pose pur egli a ridere; locchè osservatosi dal nimico d’Ascilto, rivolse la sua invettiva al ragazzo, dicendogli: anche tu ridi, o gazza ricciuta? o che baccano! È egli giunto il dicembre, di grazia? Quand’è che tu hai passata la tua vigesima? Or che farà questa ciambella inchiodata? sarà pasto di corvi. Io avrò cura che Giove si adiri con te, e con costui, che coll’autorità sua non ti raffrena. Così sarò soddisfatto; e tanta mia moderazione dono io al mio collega; altrimenti io ti avrei di già dato a quest’ora ciò che ti meriti. Noi non istiam bene, nè lo stanno codesti Sciti, che non ti san governare: qual padrone, tal servo. Appena posso io contenermi, perchè son caldo di temperamento, e quando il moscherin m’è saltato,68 non guardo in faccia nemmanco a mia madre. Or va bene: io ti