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xxxvi | fra paolo sarpi. |
do, ma in Cielo; e che però la Religione cammina per via celeste e il governo di Stato per via mondana, e però non può mai incomodar l’altro: ma ben vi è un certo appetito di dominare mascherato di religione, che cammina per vie mondane, e a quello non conviene avere alcun riguardo, come a cosa, non divina ma fraudolente; e esser gran cosa, che tutta la predicazione di Cristo Nostro Signore e di tanti Apostoli, non è versata in altro, se non a dichiarare che le promesse del Testamento Vecchio temporali si debbono intendere spiritualmente, e non di cose mondane; e adesso, tutto il contrario, non si ha altra mira, se non di tirar al temporale le cose spirituali da Cristo promesse alla Chiesa.1
Traducendo nel linguaggio moderno le parole del Sarpi, risulta ch’esso tiene la Chiesa per divinamente instituita per la nostra salvezza, e indipendente dallo Stato in virtù della sua natura e della origine; ma in quanto ha luogo nello Stato, non può mutare l’essenza di questo col tôrre o scemare al medesimo la sua propria giurisdizione, la quale è tanta su la Chiesa divina, quanta sarebbe sopra ogni altro sistema religioso, essendochè sia assoluta; come il Sarpi mostra altrove parlando del Barclajo. In un’altra lettera egli va incontro all’obbiezione de’ romanisti, provando che la durata e la vittoria della Chiesa contro gl’impeti iniqui dello Stato,