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fra paolo sarpi. xxxiii

stoli ancora, e che tentò in luogo dell’antico primato della sedia apostolica introdurre una dominazione assoluta, non regolata da alcuna legge o canone, la divisione nacque; e quantunque da settecento anni in qua, più volte sia stata tentata la riunione e pace, non si è potuta effettuar mai, perchè si è atteso alle dispute, e non a levar quell’abuso che fu la vera occasione d’introdur quella divisione, e ch’è la vera causa di mantenerla ancora.» Ma i teologi vorranno sempre le dispute, e la curia l’onnipotenza papistica; e perciò è vano sperare la pace, finchè il sentimento cristiano dell’universale non sia più possente, per la carità che l’informa, del papa e de’ teologi.


VIII.


Ora hannosi a disaminar più a minuto i concetti del Sarpi intorno alla Chiesa. L’intendimento suo appar chiaro da questo luogo di una sua lettera: «Noi non vogliamo mescolare il cielo con la terra, nè le umane cose con le divine. I sacramenti, e quanto vi ha di religioso, lasciar vogliamo a suo luogo; solamente si conviene ai principi l’affermare le loro potestà mediante le divine scritture e le dottrine de’ Padri (per la qual ultima cosa intendi il testimonio de’ documenti legislativi). Nulla più giova ai romaneschi, che quando dir possono che non già essi, ma la religione medesima viene assalita.1»


  1. Lettera CXXI.