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fra paolo sarpi. xxix

questi due: «Il durar di Roma giudico che dipenda da un sottil filo; cioè dalla pace d’Italia.... Vogliate credermi: una volta messa la guerra in Italia, vinca il pontefice, o sia vinto, non importa; la cosa è spacciata.1» — «Ella si meravigliò perch’io dissi che se guerra verrà addosso all’Italia, la romana curia proverà disfatta, anche in mezzo a una gran vittoria; ma non è disaccordo fra simili concetti. Perocchè, se guerra sorgerà in Italia, non sarà senza concorso di molti dalla curia discordanti; e a questa toccherà a sostenere due guerre, l’una militare, letteraria l’altra; e se nella prima conseguirà vittoria, resterà dicerto perdente nella seconda, non potendo per ogni dove dar mano a quelli argomenti di fuoco e di fune che a lei tengon luogo di polizia e di rettorica.2» Sia data libertà di religione in Italia, e molti, com’ei dice, salteranno il fosso. Qual beneficio se ne sarebbe cavato? Roma sarebbe stata più rispettiva, e il carattere degl’Italiani più franco. Alla libertà d’Italia importava sommamente che il re Cristianissimo non avesse servito agl’interessi de’ preti, ma si fosse contrapposto al re Cattolico; quindi l’interesse che il Sarpi e i politici pigliano per gli Ugonotti. Fintantochè gli Ugonotti avessero avuto parte al governo della Francia e ne’ consigli del re, Roma e Spagna trovavano impedimento. Pure, dirammisi forse, il Sarpi volendo e desiderando che trapelasse in Italia la Riforma, non dovea metter la condizione della salvezza nella pro-


  1. Lettera CXXVIII.
  2. Lettera CXXXVI.