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lettere di fra paolo sarpi. 211


Se Don Pietro è partito senza effettuare li suoi disegni, buono per la Francia. Si può credere che i pubblicati non siano i veri, e che si abbia effettuato alcuno che in qualche tempo possa costar la testa a qualche persona. È difficile credere che artefici così perfetti mettano ambo i piedi in fallo. Vero è che Dio rende alle volte pazza la sapienza del mondo.1

Sarebbe bene stata meraviglia memorabile che la Roccella, dopo aver sostenuto eserciti reali, fosse caduta per opera di pochi disgraziati. È ben costudita la città che Dio guarda. E un lungo e bel trattenimento il nostro intorno a questa tregua! Ora è fatta, ora è disperata, ora desiderata, ora abborrita. Credo che non vi sia altro di vero, salvo che una parte di quella repubblica resterà spagnolizzata.

Pregherò V.S. a far le mie umili raccomandazioni a monsignore de Thou ed a monsignore Servino, il quale infinitamente ringrazio per i Plaidoyers che gli è piaciuto parteciparmi.

Di Venezia, il 16 marzo 1609.




  1. Dell’ambasceria del Toledo parlasi ancora nella Lettera XXX (pag. 101), e il Bianchi-Giovini fa intorno ad essa le seguenti osservazioni: “Il Toledo era stato mandato a Parigi per trattare il matrimonio del Delfino coll’infanta di Spagna, e la pacificazione dell’Olanda e del Belgio; le quali provincie la corte di Madrid, favorita dal papa e dai Gesuiti, tendeva, col pretesto del matrimonio, di ridurre sotto il cattolico suo dominio. Le prime pratiche di questi negozi erano state introdotte dal provinciale dei Gesuiti di Fiandra. I Veneziani ed altre potenze d’Italia e d’oltremonti, che non amavano quest’alleanza tra le due corone, fecero ogni possa per frastornarla, e vi riuscirono. Vittorio Siri, nel tomo I delle Memorie recondite (pag. 457 e segg.), spiega molto a lungo le trappole diplomatiche che si tendevano a vicenda i trattatori.„