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270 ENRICO IV


Col. Son cavaliere, signore, e il mio nome è Colevile della Valle.

Fal. Bene, se Colevile è il vostro nome, se siete cavaliere, se abitate una valle: Colevile sarà sempre il vostro nome, infame sarà sempre il vostro grado, in un carcere avrete stanza; e fia luogo abbastanza vasto, perchè vi rimanga ogni vostro tìtolo.

Col. Non siete voi sir Giovanni Falstaff?

Fal. Buono quanto lui, signore, qualunque io mi sia. Cedete voi messere? dovrò sudare per vincervi? Se è mestieri ch’io sudi, il sudor mio spargerà le lagrime delle vostre amanti e saranno lagrime di morte: pensate perciò ad aver paura e a tremare, o rendete omaggio alla mia misericordia.

Col. Credo che siate sir Giovanni Falstaff: in tale supposizione vi dico che mi arrendo.

Fal. Ho una falange intera di animelle in questo ventre, e non ve n’ha una sola che dir sappia altro, che il mio nome. Se non avessi che un ventre ordinario, sarei l’uomo più operoso d’Europa, ma il mio ventre, il mio ventre, il mio ventre mi guasta. — Ecco il nostro generale.

(entrano il principe Giovanni di Lancastro, Westmoreland ed altri)

Gio. La foga è passata, non inseguiamo di più: radunate l’esercito, mio buon cugino di Westmoreland (West. esce). Ebbene, Falstaff, dove siete stato tanto tempo? Allorché tutto è finito, vi mostrate? Tali viltà, sulla mia parola, vi faranno un dì o l’altro inciampare in un patibolo.

Fal. Sarei ben dolente, milord, che ciò dovesse accadere; ma non seppi mai che rimproveri o castigo fosser la mercede del valore. Mi prendete voi per una rondine, per una freccia o per una palla da cannone? ho io nel mio povero e vecchio corpo la celerità del pensiero? Son qui venuto con tutta la sollecitudine che mi era possibile, ho passato di volo cento ottanta poste; e qui, trafelato di tanto viaggio, ho col mio puro e immacolato valore fatto cattivo sir Giovanni Colevile della Valle, avventatissimo cavaliero e portentoso nemico. Ma che perciò? Appena ei mi scorse, si arrese; onde posso giustamente dire col papagallesco naso di Roma, venni, vidi, vinsi1.

Gio. Fu più per sua cortesia, che per tuo valore.

Fal. Non so; ma egli è qui ed è a voi ch’io lo consegno. Sup-

  1. Dante ha chiamati gli occhi di Cesare grifagni. Shakspeare ne assimiglia il naso a quello dei papagalli. Così, stando al giudizio di due de’ più gran poeti, il volto di Cesare ritraeva più dell’animale che dell’uomo.