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170 | francesco gnecchi |
monete; ed oltre alla varietà delle forme, hanno pesi e dimensioni svariatissime, e, in una parola, è impossibile che vengano confuse colle monete, nè quindi coi piombi-monete di cui ci occupiamo, a quella stessa guisa che le tessere medioevali e moderne hanno un carattere affatto dissimile dalle monete contemporanee, il che del resto è troppo naturale perchè ci sia bisogno d’essere spiegato, e d’insistervi più lungamente.
c) Lo stesso ragionamento vale per escludere l’ipotesi che i piombi in discorso fossero monete genuine. Prima di tutto monete genuine di piombo non ne conosciamo nè nel fatto nè nel diritto, ossia nè ci rimasero di cotali monete — provato che siano tali — nè sappiamo d’alcuna legge che mai le avesse autorizzate. E poi, dato anche e non concesso che vere monete di piombo avessero mai esistito a Roma, è ovvio che sarebbero state confezionate con conii differenti da quelli usati per gli altri metalli e segnatamente da quelli usati per l’argento, con cui potevano più facilmente confondersi.
d) Di anime di monete falsificate ne conosciamo di ferro e più specialmente di rame, sulle quali era applicata una sottile lastrina d’argento, formando così le cosidette monete foderate o suberate, comunissime nella serie romana più che in qualunque altra e segnatamente nella serie repubblicana.
Ma, oltrechè l’anima non riceveva mai l’impronta del conio così esatta come la vediamo in questi piombi (motivo per cui ritengo veri piccoli bronzi quelli che incominciando dall’epoca di Antonino Pio si estendono fino a quella di Alessandro Severo, riproducendo esattamente i denari d’argento1), non