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prefazione xlix

del Cavalcanti e di Dante e che con essi abbia cantato d’amore nelle tepide sere d’aprile, quando del Cavalcanti era imminente la misera fine e Dante, forse, pensava a un famoso, terzetto posto in bocca a Oderisi. E forse, solcando l’Arno, con Guido e con Dante, sognarono insieme d’essere presi per incantamento; desiderarono d’aver seco Monna Vanna e Monna Bice e l’altra, che era sul numero del trenta! Divina poesia, sbocciata quando il libero comune italico spiegava liberamente l’ali, come risplendi anche ai giorni nostri, irradiata dal fulgore della grazia, della squisitezza e dell’amore!

Le soavi ballate del Gianni, le sue gravi canzoni, noi raccogliemmo in un piccolo libretto, perché facessero testimonianza d’un grande periodo artistico, sicuri di far cosa non del tutto sgradita