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ingenua, e vi produce impressione corrispondente. Tale mi parve il carattere generale di questo monastero curiosissimo, e forse unico della sua specie. Nulla qui porta al pensiero di cose serie; neanco il cattolico il più convinto può provare in questa santa grotta un senso di vero rispetto, tanto meno di terrore religioso. Anche i pittori, i quali ebbero a rappresentare que’ soggetti dolorosi, paiono avere risentita questa impressione, e che abbia questa esercitata un’influenza sulla loro fantasia.
Facevo questa osservazione nel guardare due affreschi, che sono l’uno di fronte all’altro presso la scala che dalla grotta porta nella cappella sotterranea. Rappresentano il trionfo della morte, secondo la conosciutissima canzone del Petrarca. La morte, a cavallo galoppa sopra i cadaveri e colpisce colla sua spada un giovane, il quale si sta trattenendo con alcuni compagni. Di fronte stanno tre bare aperte; in una si scorge il cadavere di una giovane donna morta di recente; nella seconda lo stesso cadavere in orribile stato di putrefazione, e nella terza lo si vede ridotto alla condizione di puro scheletro. Un vecchio pare spiegare queste varie fasi dell’annientamento della vita umana mentre lo si vede parlare con tre bei giovani, magnificamente vestiti, i quali tengono falchi in pugno, e lo stanno ascoltando in attitudine seria. Non è conosciuto l’autore di questa bella composizione, la quale per buona sorte ha sofferto poco, ma sembra dessa appartenere alla scuola del Ghirlandaio. Nella stessa scala trovasi dipinta, dallo stesso penello, la strage degli innocenti. La composizione è semplicissima, e sviluppata con molta espressione. Un gruppo, di madri stringono con somma tenerezza i loro bambini al seno, mentre uomini armati muovono loro incontro colle spade sguainate. Non ho vista mai questa scena dolorosa oggetto di predilezione dei pittori di tutti i tempi, trattata con tanta maestria e con sentimento drammatico così profondo; ed in presenza di esso si apprezza tanto più l’intelligenza, ed il sentimento dell’autore, ricordando la orrenda carnificina rappresentata sugli arazzi del Vaticano.