Pagina:Raccolta di proverbi bergamaschi.djvu/28

28

BELLEZZA E SUO CONTRARIO,
FATTEZZE DEL CORPO.


A töte i mame ghe par bei i sò scècA tutte le madri paion belli i loro figli — All’orsa paion belli i suoi orsacchini. Il Cervantes, nel suo Don Quijote, scrisse pure: No hay padre ni madre á quien sus hijos le parezcan feos.
Bel, belì e belèt l’ è quel che va ’n del bècIl bello è quello che va in bocca.
Dol bel nó s’ mangia zó negótDel bello non si mangia — A giudicare da questi due proverbi parrebbe che il nostro popolo non faccia alcuna stima del bello; ma specialmente il secondo perde della sua materialità e diventa savio consiglio quando si dice per dire che, volendosi accasare, importa nella scelta badare alle doti dell’animo, anzichè alla bellezza del corpo, perchè

Bellezza è come un fiore.
Che nasce e presto muore;

o come suol dire ancora il nostro popolo:

Töte i röse i va ’n gratacülTutte le rose si convertono in ballerini — proverbio che ricorda i seguenti versi di Virgilio:

O formose puer, nimium ne credi colori:
Alba ligustra cadunt, vaccinia nigra leguntur (Egl. 2).

Bel in fassa, bröt in piassaBello in fascia, brutto in piazza — ed a consolazione delle mamme che abbiano un bambino brutto:
Bröt in fassa, bel in piassaBrutto in fascia, bello in piazza.
Bel tép e bela zét nó i stöfa maiIl bel tempo e la bella gente non vengono mai a noia — L’ammetto per il tempo, ma non per la gente, perchè