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xiv | cenni intorno alla vita |
non può fare altrimenti, deve con risoluzione tentar l’impresa....»
«Racine, scrisse Puschin in un’altra occasione, è grande per la precisione, la purezza e l’armonia del verso. Ma il disegno e i caratteri della sua Fedra sono il colmo della sciocchezza.1 La verosimiglianza delle situazioni è la miglior regola per un poeta tragico. Non ho letto nè Calderon, nè Lopez de Vega; ma che genio è quel Shakespeare! Mi fa trasecolare! Quanto le tragedie di Byron sono meschine accanto a quelle di Shakespeare!... I poeti, subito che hanno concepito un personaggio, voglion assolutamente che tutto ciò che dice porti l’impronta del suo carattere, come vediamo nei pedanti e nei marinai dei romanzi di Fielding. Se un cospiratore ha sete e chiede un bicchier d’acqua, bisogna che pronunzi quelle parole in un tono che sappia di cospirazione. Assioma assurdo! Shakespeare non teme di compromettere i suoi personaggi: li fa parlare con tutta la naturalezza, la semplicità degli uomini comuni, perchè sa sempre, quando l’azione lo esiga, metter loro in bocca un linguaggio adattato alla situazione.»
Il dramma di Boris Gadunoff, bagnato di tanti sudori, non ebbe quel successo che il poeta presagiva. Ma in ricompensa, gli ultimi canti di Eugenio Anieghin fecero furore. Cominciato nel 1825, e terminato nel 1852, questo poema viene stimato il più bel parto della musa di Puschin. Nei due primi canti si biasimò l’imitazione un po’ servile del Don Juan di Byron, e quel personalismo che valse tante censure al bardo inglese. Ma nei canti seguenti, il poeta introdusse pitture così fedeli della società russa, osser-
- ↑ Il celebre critico tedesco Federico Schlegel ha fatto un bellissimo parallelo fra l’Ippolito Stefanoforo di Euripide e la Fedra di Racine; rileva tutte le mende della tragedia francese e tutti i pregi della greca alla quale assegna la palma.