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394 il morgante maggiore.

242 Eran saliti sopra certe torri,
     Gridando forte alcun talacimanno,
     Come dicessi: Accorri, accorri, accorri,
     Aiuta il popol, Macon, mussurmanno:
     Ma tutte alfine eran bucce di porri,
     Ch’ogni cosa n’andava a saccomanno;
     Ed urla e strida per tutto si sente,
     E pianti assai commiserabilmente.

243 Rinaldo aveva sbarrata la piazza:
     Le donne e le tosette23 scapigliate
     Correvan tutte come cosa pazza,
     Ed eran dalle gente calpestate,
     Ed ognun grida: Ammazza, ammazza, ammazza,
     Queste gente ribalde rinnegate:
     E così tutti parean di concordia
     Sanza pietà, sanza misericordia.

244 Carlo aveva con seco uno squadrone,
     E Durlindana sanguinosa in mano;
     Corse al palazzo di Marsilione,
     Gridando: Ov’è quel malvagio marrano?
     E dismontato in sul primo scaglione,
     La scala combattè di mano in mano:
     E come Orazio gran punta sostenne,
     Tanto che insino in su la sala venne.

245 Era apparita quasi l’aurora,
     Quando il palagio di Marsilio è preso,
     E non si truova il traditore ancora;
     Ma poi che ’l fuoco per tutto era acceso,
     Alfin convenne ch’egli sbuchi fora,
     E funne a Carlo portato di peso:
     Carlo lo prese in quella furia pazza,
     E d’un veron lo gittò in su la piazza.

246 E cadde quasi addosso a Ricciardetto;
     E Ricciardetto, come in terra il vede,
     Gridò: Ribaldo! e presel pel ciuffetto,
     E poi gli pose in su la gola il piede,
     E scannar lo volea com’un cavretto;
     Se non che disse: Abbi di me merzede,
     Tanto che Carlo da basso giù vegni,
     E Bianciardin, ch’è nascoso, gl’insegni.