242 Eran saliti sopra certe torri,
Gridando forte alcun talacimanno,
Come dicessi: Accorri, accorri, accorri,
Aiuta il popol, Macon, mussurmanno:
Ma tutte alfine eran bucce di porri,
Ch’ogni cosa n’andava a saccomanno;
Ed urla e strida per tutto si sente,
E pianti assai commiserabilmente.
243 Rinaldo aveva sbarrata la piazza:
Le donne e le tosette23 scapigliate
Correvan tutte come cosa pazza,
Ed eran dalle gente calpestate,
Ed ognun grida: Ammazza, ammazza, ammazza,
Queste gente ribalde rinnegate:
E così tutti parean di concordia
Sanza pietà, sanza misericordia.
244 Carlo aveva con seco uno squadrone,
E Durlindana sanguinosa in mano;
Corse al palazzo di Marsilione,
Gridando: Ov’è quel malvagio marrano?
E dismontato in sul primo scaglione,
La scala combattè di mano in mano:
E come Orazio gran punta sostenne,
Tanto che insino in su la sala venne.
245 Era apparita quasi l’aurora,
Quando il palagio di Marsilio è preso,
E non si truova il traditore ancora;
Ma poi che ’l fuoco per tutto era acceso,
Alfin convenne ch’egli sbuchi fora,
E funne a Carlo portato di peso:
Carlo lo prese in quella furia pazza,
E d’un veron lo gittò in su la piazza.
246 E cadde quasi addosso a Ricciardetto;
E Ricciardetto, come in terra il vede,
Gridò: Ribaldo! e presel pel ciuffetto,
E poi gli pose in su la gola il piede,
E scannar lo volea com’un cavretto;
Se non che disse: Abbi di me merzede,
Tanto che Carlo da basso giù vegni,
E Bianciardin, ch’è nascoso, gl’insegni.