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canto decimosesto. 341

82 Non c'è vergogna, chè non c'è vantaggio:
     Per istasera la guerra è finita.
     Disse la donna: Io ho per grande oltraggio,
     Ch’io non t’ho fatto qui lasciar la vita:
     Ora a tua posta vanne a tuo viaggio.
     E così fecion dal campo partita,
     E ritornossi Orlando al suo stazzone,14
     E la fanciulla al padre al padiglione.

83 E fra tre dì promesson ritornare
     Alla battaglia, e far quel ch’è usanza.
     Or altra storia ci convien trattare:
     Cercato il mondo avea Gan di Maganza,
     Com’e’ potessi Rinaldo trovare,
     Ma dove fussi non avea certanza;
     Al campo capitò dove è il Soldano,
     E dettesi a conoscer ch’era Gano.

84 E disse che di corte era sbandito,
     E dava tutte a Rinaldo le colpe,
     E che pel mondo alcun tempo era gito,
     Per fargli alfin lasciar l’ossa e le polpe.
     Avea il Soldan di Gan molto sentito,
     Com’egli è malizioso più che volpe,
     E più che Giuda tristo e traditore;
     E quanto più potea gli fece onore.

85 E raccontò di Persia come era ito
     Il fatto, e come Orlando l’avea presa,
     E Chiariella il padre avea tradito,
     E che per questo mossa ha tale impresa;
     Però che ’l regno a lui è stabilito,
     Ma nol può racquistar sanza contesa;
     Ma tanto tempo è disposto far guerra,
     Che torrà loro e la vita e la terra.

86 E disse come al campo era venuto
     Rinaldo e Ulivieri, e ’l conte Orlando,
     E come Ricciardetto era caduto,
     Ed Ulivier, sanza operare il brando;
     E la sua figlia l’aveva abbattuto,
     E com’egli ha i prigioni al suo comando:
     Ebbe di questo Gan molta letizia,
     E cominciò a pensar tosto a malizia.