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328 il morgante maggiore.

17 Se tu m’abbatti per tuo valimento,1
     Ogni cosa sia tuo che’hai acquistato,
     E so che ’l padre mio sarà contento;
     Ma s’io t’arò del tuo caval gittato,
     Io vo’ che’ tuoi stendardi spieghi al vento,
     E con tua gente in Francia sia tornato:
     E che tu lasci in pace i nostri regni,
     E contro al padre mio mai più non vegni.

18 Rinaldo disse alla donna famosa:
     Perch’io non paia nè muto nè sordo,
     Ciò che tu hai detto, nel petto ogni cosa
     Drento scolpito ho, ch’io me ne ricordo;
     Ma tu facesti alla fine tal chiosa,
     Che fa che d’ogni cosa siam d’accordo:
     Non ci è più giusta cosa che la spada
     A assolver nostra lite; e così vada.

19 Ma una grazia prima ti domando,
     Che con la spada al campo ci troviamo,
     Così ti priega il mio cugino Orlando,
     Che insieme questo giorno dimoriamo;
     Ch’io sento il cor ferito, e non so quando
     Io fussi da te preso, o con che amo;
     Il terzo dì sopra il mio buon destriere
     Verrò in sul campo armato a tuo piacere.

20 Rispose alle parole presto Antea:
     Ciò ch’a te piace, a me convien che piaccia;
     E mentre che così gli rispondea,
     S’accese tutta quanta nella faccia,
     Però ch’un foco sol due cori ardea.
     Come anima gentil presto s’allaccia!
     Così ferito è l’uno e l’altro amante
     Da quello stral che passa ogni adamante.

21 E cominciorno insieme a riguardarsi
     Ognun più che l’usato intento e fiso:
     Rinaldo non potea di lei saziarsi,
     Nè crede ch’altro ben sia in paradiso:
     E la fanciulla cominciò a pensarsi
     Che così bel già mai fussi Narciso:
     Dovunque e’ va, gli tenea drieto gli occhi,
     E par che fiamme Amor nel suo cor fiocchi.