48 E dismontati al palazzo reale,
Marsilio sempre tenne per la mana
Rinaldo per le scale e per le sale.
La sua figliuola, detta Luciana,
Ch’ogni altra di bellezza assai prevale,
Fecesi incontro benigna ed umana,
E salutò Marsilio e’ suoi compagni
Con atti onesti e graziosi e magni.
49 Nè prima questa Rinaldo vedea,
Che si sentì da uno stral nel core
Esser ferito, e con seco dicea:
Ben m’hai condotto dove vuoi, Amore,
A Siragozza a veder questa Iddea,
Che più che ’l Sol m’abbaglia di splendore.
E rispondeva al suo gentil saluto
Quel che gli parve che fussi dovuto.
50 Quivi alcun giorni dimorâr contenti;
Non domandar se Cupido galoppa
Di qua di là con suoi nuovi argomenti;
E la fanciulla serviva di coppa:9
Rinaldo sempre ebbe gli occhi lucenti,
Alcuna volta con essi rintoppa:
Or questo è quel che come zolfo o esca
Il foco par che rinnalzi ed accresca.
51 Mentre che sono in tal consolazione,
Un messaggiero al re Marsilio venne
E gettasegli in terra ginocchione,
E dice come un gran caso intervenne;
Che morti ha cinquecento e più persone
Un gran caval co’ denti e colle penne,
Ch’era sfrenato, e fu già di Gisberto,
E pareva un demòne in un deserto.
52 Noi savam cinquecento cavalieri,
Diceva il messo e giunti alla montagna,
Fumo assaliti da questo destrieri;
Non si potea fuggir per la campagna;
Missesi in mezzo fra’ tuoi cavalieri:
Non fu mai lupo arrabbiato nè cagna,
Che così morda, e divori, ed attosche,
Nè anco i calci suoi paion di mosche.