19 E dicea: Lasso, quanto fui contento
Quel dì che morta l’aspra fera vidi,
Ed or tanto dolor nel mio cor sento:
E così vuogli, Amor, così mi guidi?
Ogni dolcezza volta m’ha’ in tormento:
O mondo, tu non vuoi che in te mi fidi:
Lasciato m’hai, o misera fortuna,
Afflitto vecchio e sanza speme alcuna.
20 Fece il sepulcro a modo de’ Cristiani,
E missevi la bella Forisena,
E lettere intagliò colle sue mani,
Come fu liberata d’ogni pena
Da tre baron di paesi lontani;
E come a morte il suo distin la mena
Pur finalmente, come piacque a Amore,
Nel dipartirsi il suo caro amadore.
21 Non si può tor quel che ’l ciel pur destina:
Il mondo col suo dolce ha sempre amaro;
Questa fanciulla così peregrina
Il troppo amare al fin gli costa caro.
Ed Ulivier pe’ boschetti cammina,
E non sa quel che gli sare’ discaro,
E chiama Forisena notte e giorno.
E in questo modo più di cavalcorno.
22 Un giorno in un crocicchio d’un burrone
Hanno trovato un vecchio molto strano,
Tutto smarrito, pien d’afflizione,
Non parea bestia, e non pareva umano:
Rinaldo gli venía compassione:
Chi fia costui? fra sè diceva piano;
Vedea la barba arruffata e canuta,
Raccapricciossi, e dappresso il saluta.
23 E’ gli rispose facendo gran pianto,
Per modo ch’a Rinaldo ne ’ncrescea:
Per la bontà dello Spirito Santo,
Abbi pietà della mia vita rea;
Uscir di questo bosco non mi vanto,
Se non m’aiuti (e del tristo facea5);
Lasciami un poco in sul cavallo andare,
Per quell’Iddio che ti può ristorare.